Difficile scindere l'uomo dalla leggenda. Su di lui si è scritto tantissimo, ma quasi tutte le pubblicazioni finiscono per ripetere le stesse parole. La verità è che Raj Kapoor è un fenomeno inspiegabile, una personalità larger than life, una mente brillante e preveggente, oltre che un volto dai lineamenti perfetti e uno sguardo in cui perdersi completamente.
Il regista più venerato del subcontinente, nonostante il suo enorme successo, amava vivere con semplicità, preferiva dormire sul pavimento, non riusciva a frenare i peccati di gola e snobbava gli eventi mondani preferendo il silenzio del suo cottage, rifugio isolato dal mondo dove prendevano vita nuove idee per i suoi film.
Il suo debutto alla regia venne preso poco sul serio dal padre Prithviraj che non lo riteneva ancora all'altezza del progetto, e, sapendolo sprovvisto anche dei mezzi economici necessari, lo invitò a desistere suggerendogli di "non friggere pakora con lo sputo". Ma il suo primo film, con o senza presuntuosi investimenti, venne alla luce. Aag, distribuito nel 1948, fu un successo nonostante la criptica difficoltà (impossibile considerarlo frutto di un inesperto regista emergente). Il film era già un outsider per forma e contenuti, indecifrabile, impegnato, sensuale. Il giovane Raj Kapoor non aveva niente da invidiare ai grandi del tempo, anzi mostrava di possedere delle carte in più e uno spirito in grado di raggiungere il nucleo di ogni cosa.
La silenziosa quanto incredibile discesa dalla scalinata di Nargis verso l'attore mette in luce quanto la forza degli sguardi e del desiderio abbiano la meglio sull'azione e sulle parole. Raj reinventò pazientemente il linguaggio dell'amore nel cinema indiano e anche i minimi gesti assunsero un'intensità spiazzante. La seduzione e il sentimento non avevano bisogno di essere introdotti in alcun modo, si alleggerirono i dialoghi e nell'evidenza le sensazioni parlavano da sole.
Sulla scìa del successo si avviarono nuove collaborazioni con altri registi pronti a lavorare sotto il marchio RK. Prakash Arora diresse Boot Polish, un capolavoro in miniatura. Raja Nawathe la sfortunata love story Aah, che venne ingiustamente accolta con freddezza dal pubblico: l'assenza di lieto fine e l'amarezza dilagante possono aver reso impopolare questo film, secondo me splendido e sottovalutato.
Un filo conduttore sembra legare ognuna delle sue creazioni. La sua carriera autonoma si aprì con Aag, un film dai chiari riferimenti personali e con la presenza di tre eroine (Kamini Kaushal, Nargis, Nigar Sultana), e a chiudere il cerchio sempre tre figure femminili (Simi Garewal, Xenia Ryabinkyna e Padmini) lo accompagnarono nell'ancora più autobiografico Mera Naam Joker.
Altro tema ricorrente: il conflitto generazionale e la difficoltà di comprensione tra padre e figlio, dall'allontanamento del protagonista in
Aag, all'abbandono in
Awaara, fino alla freddezza emotiva dei genitori milionari nei confronti del tenero Raju in
Bobby.
La sua filmografia è costellata di messaggi in codice e gesti frequenti, con riferimenti indubbi alla sua vita privata. Chi ama osservare i dettagli scoprirà che
Barsaat,
Sangam,
Bobby e
Mera Naam Joker sono uniti da accenni di una stessa melodia, probabilmente un ricordo della sua storia con Nargis.
Pensare nuovi film, sentirli crescere nella sua mente non era solo un lavoro, nè una vocazione, quanto una ragione d'esistere. La vita ispira i film e in essi viene intrappolata. Ogni emozione autentica, ogni dolore costituivano per Raj Kapoor materiale di studio da includere e sfruttare in qualche scena. Sperimentando i limiti della finzione e della realtà, creava link sentimentali con le sue eroine (arrivando ad innamorarsi anche per ricreare la stessa magia nel film), inscenava discussioni per osservarle nei dettagli e trasportarle dentro la storia. Raj era abituato a partecipare totalmente alle esperienze della vita per modellarne altre, conservava con cura ogni cosa a cui trovava un posto e una nuova espressione nella sua arte.
Anche la musica doveva avere un linguaggio e delle caratteristiche ben precise. Pur non essendo un compositore, Raj Kapoor, dotato di intuito e orecchio, curava in prima persona i lavori dei suoi artisti di fiducia (Shankar & Jaikishan e Laxmikant & Pyarelal in un secondo momento) in modo tale che ogni canzone fosse in grado di toccare interiormente lo spettatore. Il cantante Mukesh divenne la sua voce ufficiale così come Lata Mangeshkar cantò la maggior parte dei brani in cui compariva Nargis (insieme alla sorella Asha Bhosle).
Quando Mera Naam Joker, il suo costosissimo film autobiografico, crollò al box office trascinando gli RK studios in una fase buia, il regista, che fino ad allora non aveva mai subito un insuccesso, decise di non voler più recitare come protagonista. Attese il 1973 prima di tornare dietro la macchina da presa, con un film che lanciava il figlio Rishi e la freschissima Dimple Kapadia, il fenomeno giovanile Bobby. Ancora una volta mostrò che il tocco di Re Mida era capace di trasformare una storia semplice in un autentico trend-setter: i ragazzi volevano vestirsi come Rishi Kapoor, le ragazze iniziarono a legarsi i capelli con un foulard come la protagonista del film.
Seguì
Satyam Shivam Sundaram, un esperimento a tutti gli effetti, nel quale l'ossessione per la bellezza e per la ricerca del fascino esteriore (ma ancora di più ... interiore) si fonde con la spiritualità. Dall'ammirazione di Raj per la voce celestiale di Lata Mangeshkar prese vita il personaggio di Rupa. La distribuzione del film fu preceduta da accesi dibattiti con la censura e seguita da una reazione da parte del pubblico disorientato (ma indiscutibilmente incuriosito) dall'alto tasso di erotismo della pellicola.
Prem Rog nacque invece come un low budget movie fino a quando Raj Kapoor non cominciò ad appassionarsene veramente trasformandolo in qualcosa di più elaborato e complesso, coinvolgendo numerose tematiche e capitali sempre maggiori. Probabilmente è il mio preferito della fase creativa post-Nargis: dal climax rumoroso e violento ma pervaso di grazia, la storia mischia evasione a denuncia sociale dipingendo personaggi ai quali è impossibile restare indifferenti.
Espressione di ansie, speranze, fantasie o fughe, le sequenze del sogno (dream sequences) rappresentano sempre un momento speciale, di alto coinvolgimento psicologico e visuale. La più incredibile: "Ghar aaya mera pardesi", dove il paradiso si fonde con l'incubo, dal film
Awaara. La più commovente: "O jaanewale", sdoppiamento immaginario della figura di Vidya in
Shree 420. La più eccentrica: "Chanchal sheetal nirmal komal", espressione gradiosa dei desideri impossibili di Rupa in
Satyam Shivam Sundaram. La più incredibile e colorata: "Mohabbat ki ha cheez", quando immaginare l'amore trasporta in mondi da favola, dal film
Prem Rog.
Il suo ultimo lavoro, Ram Teri Ganga Maili, vide come protagonisti il figlio minore Rajiv (somigliante al fratello Shammi) e Mandakini, una giovane debuttante dagli occhi di ghiaccio. La bellissima ragazza si bagna nella cascata coperta di veli, e nonostante stia svelando il proprio corpo, la sua figura resta estranea alla volgarità diventando incarnazione della purezza del Gange. Il suo viaggio, come il corso del fiume, la porterà dalle montagne dell'Himalaya a Benares e Calcutta, unendo le tappe delle sua perdita dell'innocenza all'inquinamento e devastazione del fiume sacro.
Nonostante la sua scomparsa, avvenuta il 2 giugno del 1988, credo che non sarà mai possibile parlare di Raj Kapoor al passato. Chiunque lo abbia conosciuto nei suoi film, qualunque sia stato il percorso attraverso il quale si è interessato ad essi, sentirà il bisogno di immaginarlo sempre vicino.
Piuttosto che lisciare la giacca dei critici con film girati per loro, Raj scelse di condividere con tutti la sua visione. Penso che la grandezza di un regista non stia solo nella tecnica e nella capacità, quanto nella volontà di donare e di donarsi. Realizzare qualcosa che non solo possa essere potente nella sua epoca e tra la sua gente ma che riesca a coinvolgere chiunque anche in situazioni diverse e imprevedibili... una ventisettenne italiana per esempio (io... per esempio ) non ha niente a che fare con il contesto in cui le sue opere sono nate ma da esse viene travolta e le inserisce come parte della sua vita quotidiana. Ogni film sembra essere un dialogo personale con ciascuno di noi
I filosofi greci? Roba datata. Kafka e Kierkegaard? Troppo pessimisti. Se ognuno è libero di scegliersi i propri maestri, il mio è definitivamente Raj Kapoor.
FILMOGRAFIA DA REGISTA
- AAG (1948) ***** 5/5
- BARSAAT (1949) ***** 5/5
leggi la recensione
- AWAARA (1951) ***** 5/5
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- SHREE 420 (1955) ***** 5/5
- SANGAM (1964) ***** 5/5
- MERA NAAM JOKER (1970) **** 4,5 /5
- BOBBY (1973) ***** 5/5
- SATYAM SHIVAM SUNDARAM (1978) ***** 4,5 / 5
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- PREM ROG (1982) ***** 5/5
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- RAM TERI GANGA MAILI (1985) **** 4/5
FILM PRODOTTI DALLA R.K STUDIOS MA DIRETTI DA ALTRI REGISTI:
- AAH (1953)
- BOOT POLISH (1954)
- JAGTE RAHO (1956)
- AB DILLI AUR NAHIN (1957)
- JIS DESH MEIN GANGA BEHTI HAI (1960)
- KAL AAJ AUR KAL (1971)
- DHARAM KARAM (1975)
- BIWI O BIWI (1981)
Leggi anche il PROFILO e la FILMOGRAFIA di Raj Kapoor come
ATTORE.
LETTURE CONSIGLIATE
- "Raj Kapoor the Great Showman", di Lata Khubchandani, Rupa & Co, New Delhi, 2003
- "The Kapoors, First Family of Indian Cinema", di Madhu Jain, Penguin Books India, New Delhi, 2009
- "Awaara", di Gayatri Chatterjee, Penguin Books India, New Delhi, 2003.
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